Dalla Business Idea al mercato. Solo questione di soldi?
La costruzione di un Business Model vincente: fra errori da evitare e ossessione del denaro.
Nel secondo modulo della Startup University dedicato alla strutturazione della Business Idea, i nostri mentor Anna Amati, Martino Allisiardi e Michele Carriero hanno guidato le startup nell’affrontare alcune delle problematiche tipiche di chi deve passare dall’idea al mercato e alcune “ossessioni” degli startupper – non sempre fondate – riguardo al successo o meno della loro iniziativa.
Ne è venuta fuori una breve intervista in cui Anna Amati e Michele Carriero offrono alcuni spunti davvero utili a chi si appresta ad approcciare il mercato e si trova nella delicata, ma dinamica fase, della strutturazione della business idea e della costruzione del Business Model che intende validare.
Anna Amati, vice presidente di Meta Group, vanta grandissima esperienza in ambito startup. Membro del consiglio direttivo di Italia Startup e socio di IBAN, ha valutato centinaia di startup durante la sua ventennale carriera, finanziandone diverse decine come Venture Capital. Una professionista di grande spessore, pronta a dispensare utilissimi consigli agli startupper. Vediamo cosa ci ha risposto.
Quali sono, in base alla sua esperienza, gli errori più comuni che commettono le startup nella costruzione del modello di business?
Avviare e far crescere un’iniziativa imprenditoriale richiede coraggio, determinazione, rischio. Commettere errori quindi è naturale e per certi aspetti salutare. L’errore permette di prendere consapevolezza rispetto a ciò che abbiamo fatto in modo sbagliato e di re-indirizzare sforzi e attenzioni verso altre traiettorie più efficaci. Permette di ragionare su dati e fatti e non su proiezioni. E questo è un bene.
Ogni imprenditore quindi deve pensare e agire per raggiungere gli obiettivi prefissati e sapere che, nel mentre, potrà commettere errori. Ciò premesso, ecco alcuni degli errori più frequenti commessi in fase di avvio:
1) Partire senza sapere dove voler arrivare;
2) Non saper ascoltare il mercato e cercare solo investitori;
3) Non essere abbastanza determinati e convinti di riuscire;
4) Pensare di non potercela fare perché non si hanno soldi;
5) Credere a tutto quello che ti dicono gli altri, più esperti;
6) Non voler diventare veramente imprenditori;
7) Andare nel dettaglio senza avere una visione dell’insieme e la convinzione che il modello funzioni;
8) Non avere i giusti compagni di viaggio e non parlare con loro;
9) Non viaggiare abbastanza nel mondo;
10)Aver paura di testare il prodotto /servizio per il timore di ricevere critiche.
Gli startupper pensano ai soldi in maniera spesso ossessiva. Quanto è determinante il fattore finanziario in una startup di successo?
Inutile ricevere soldi se il business non è chiaro o non è pronto per spenderli. Si rischia di bruciarli e di fallire.
È ovvio che i soldi servono, ma non per forza da subito e non tutti subito. Il vero imprenditore è proprio colui che riesce a far crescere e realizzare il suo business, a trovare i primi clienti, reperendo risorse al di fuori della propria disponibilità.
È proprio questa capacità, così rara, a permettere all’imprenditore di crescere, di mettersi in gioco, di pensare e trovare soluzioni, connessioni, idee in grado di risolvere i problemi che gli altri non sono in grado di trovare e di avere, quindi, successo.
Andare alla ricerca di finanziamenti o investimenti fin da subito distrae dall’obiettivo principale: perfezionare il prodotto/servizio, trovare clienti e crescere velocemente.
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A Michele Carriero, socio del consorzio SIN e compagno di viaggio di Anna Amati durante questo secondo modulo della Startup University, grande esperto di finanza d’impresa e di startup, abbiamo rivolto domande più specifiche inerenti alle diverse componenti finanziarie che caratterizzano un progetto d’impresa, concentrando l’attenzione su finanza agevolata e fondo perduto, ritenuti una vera e propria “panacea” da molte startup italiane.
Finanza agevolata, capitale di rischio e capitale di debito. In che momenti e in quale misura si possono riuscire a coniugare questi diversi aspetti per rendere vincente un progetto?
Per una startup la risposta risiede nello studio di fattibilità o business plan. E’ fondamentale analizzare le variabili che intervengono nell’analisi, contenendo le criticità a cui si potrebbe andare incontro.
Fra le variabili più importanti sicuramente il tempo di valutazione, non definibile in caso di capitale di debito e finanza agevolata, e ancora la valutazione del merito del credito che cambia da banca a banca a seconda del momento storico.
Il mio consiglio è lavorare bene sul business plan, cercando di acquisire pareri preliminari rispetto al gradimento del progetto, cosa che dà sicuramente forza al progetto e elementi chiari di valutazione per chi ci legge.
Direi quindi di analizzare i tre percorsi con la consapevolezza che non c’è una risposta standard, ma la necessità di un’analisi approfondita del giusto mix rispetto all’obiettivo finale, quello di avere un progetto solido e credibile, soprattutto nei tempi.
Che consiglio si sente di dare ai tanti startupper che confidano nel fondo perduto per dare inizio al loro progetto imprenditoriale?
Oggi lo scenario delle agevolazioni è straordinariamente vario ed interessante. Il mio consiglio è quello di farsi aiutare nella fase di orientamento, nell’individuazione degli strumenti disponibili, quindi approfondirne direttamente la conoscenza per poi confrontarsi con i consulenti come parte informata e consapevole, evitando di delegare scelte a chi non conosce bene il business model. Quindi studiare, studiare e studiare!
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Chiudiamo con il punto di vista “aziendale” sul business model di Martino Allisiardi, research coordinator & business developer di Wide Pilot, azienda innovativa partner della Startup University.
Il Business Model Canvas è diventato ormai un modello universale per strutturare la business idea. Ci spiega in cosa consiste la “customizzazione” attuata da Wide Pilot?
La customizzazione di Wide Pilot si basa sulla nostra esperienza imprenditoriale, di consulenza e in ambito R&D: fondamentalmente è la rivisitazione del Business Canvas Model alla luce delle migliori tecniche del project management, evidenziando i seguenti tre fattori: costi, tempo, risorse e attività coinvolte.
In base alla sua esperienza e al suo percorso manageriale, quali sono i tre consigli pratici che si sente di dare ai nostri startupper?
I tre consigli pratici, che voglio fornire alla luce dell’esperienza in Wide Pilot sono:
- L’importanza del team e la sua gestione, non può più esistere il concetto di one man company nel mercato attuale; per noi, non a caso, una business idea è una idea strutturata a cui delle persone credono fortemente, in maniera coesa.
- Avere un business model difendibile, adattabile nel tempo e modificabile. Non più è sufficiente avere una tecnologia unica o un ottimo servizio, occorre fin dall’inizio delineare una strategia per la difesa del proprio business model. Per noi in Wide Pilot l’innovazione significa: “invenzione + sfruttamento”, laddove un business model non è difendibile, adattabile e modificabile nel tempo un suo sfruttamento non è possibile, il che significa zero ricavi.
- Scalabilità del modello: normalmente questo vincolo non è mai adeguatamente approfondito nella strutturazione del business model. Ovvero non ci si interroga su come si possa passare da un singolo cliente a centinaia di migliaia senza che questo comporti un eccessivo sforzo di tempo e di risorse finanziarie. È opportuno invece condurre almeno una analisi di massima per comprendere la possibilità di scalare la soluzione in maniera economicamente sostenibile nel mercato idoneo seguendo delle procedure chiave.
Tantissimi spunti interessanti emergono da questa breve intervista rivolta ai nostri mentor. Un’ottima opportunità di riflessione per tutti gli startupper che si trovano ad affrontare la delicata fase in cui occorre strutturare la propria business idea e passare all’azione sul campo, la c.d. “execution”.